Il reato di molestie ex art. 660 C.P. Non si configura con la posta elettronica
…Un utilizzo persistente della stessa non è sinonimo di una costante ingerenza nella sfera privata della vittima…
Con la sentenza del 16.11.2012, sez. feriale, n. 44855, il Supremo Collegio, proseguendo la sua già espressa interpretazione circa il reato di cui all’art. 660 c.p., ha nuovamente affermato che la norma in esame, pur ricomprendendo al suo interno le molestie perpetrate tramite l’uso del telefono e attraverso messaggi sul cellulare, non prevede che le molestie possano essere poste in essere tramite un diverso mezzo, come la posta elettronica.
Il ragionamento della Corte di Cassazione muove dal presupposto che, oltre al mero dato testuale, la molestia attraverso l’apparecchio telefonico implica una stabile reciprocità tra chi effettua la telefonata e la vittima del reato.
Tale scambievolezza, ad avviso della Corte, può essere rimossa soltanto nel momento in cui il telefono della persona offesa viene disattivato. La medesima argomentazione, secondo i Giudici Supremi, non può essere applicata anche per l’uso della posta elettronica, in quanto un utilizzo persistente della stessa non è sinonimo di una costante ingerenza nella sfera privata della vittima, la quale, soltanto quando effettuerà l’accesso alla posta elettronica, potrà rendersi conto della corrispondenza sgradita che le è arrivata sulla casella. La sentenza, però, non tiene conto dell’esistenza di telefoni cellulari che avvisano l’utente dell’arrivo di e-mail: in questo caso potrebbe forse configurarsi il reato previsto e punito dall’art. 660 c.p. Alla luce di quanto riportato, appare che la Cassazione non sia al passo con le innovazioni tecnologiche del momento, considerando il fatto che anche la norma stessa andrebbe rivisitata.
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